La storia nota di Geraci Siculo inizia nell’VI secolo a.C., quando la colonizzazione greca della Sicilia si espande al territorio delle Madonie, fino ad allora non interessato dall’insediamento ellenico.
E’, infatti, intorno al 550 a.C. che i greci sicelioti avanzano verso l’interno dell’isola ed è presumibile che, stabilitisi nella Rocca di Geraci, diano a questa il nome “Jerax” (Avvoltoio), ispirati dalla assidua presenza di tali predatori sul territorio.
Già nel 241 a.C. Geraci è, secondo la descrizione che ne dà lo storiografo Cantu nella sua opera “Storia Universale”, un fiorente “Borgo”.
Ed è, tuttavia, a partire dall’840 d.C., che si hanno le prime notizie certe ed approfondite sulle vicende che interessano il borgo geracese.
La conquista saracena della città ad opera dell’Emiro Ibna Timna segna, infatti, un momento storico di primario rilievo per Geraci, ribattezzata dagli arabi “H.RHAH”.
L’Emiro trova a “Jerax” un Castello costruito precedentemente, che ha cura di ampliare, modificare e fortificare. A testimoniare l’opera, la presenza di una finestra moresca nel Castello di Geraci Siculo, ancora oggi ben visibile nella facciata Sud dei ruderi.
Negli anni in parola, l’espansione mussulmana interessa l’intera Sicilia, che viene divisa in tre Provincie: Val Demone, Val Di Noto e Val Di Mazara.
Le Madonie, con Geraci, entrano a far parte della Val Demone, i cui abitanti, nonostante le suggestioni culturali della cultura morisca, mantengono intatta la propria fede cristiana, imparando a convivere con l’elemento “Islamico” (ed in questo differenziandosi dagli abitanti delle altre Valli che, invece, abbracciarono l’Islamismo).
Durante la denominazione saracena sembra che Geraci sia la località più importante delle zone interne dell’Isola, specie considerata la posizione strategica di cui gode e che gli attribuisce un ruolo determinante nelle vicende militari.
Sotto l’Islam l’intera Sicilia vive un periodo di crescita economica e culturale, una primavera architettonica e commerciale.
Geraci non fa eccezione e porta evidenti segni della presenza araba, rilevanti sia dal punto di vista economico che religioso. Si ha notizia dell’esistenza di un cimitero musulmano in C.da Muricello (in prossimità del Bevaio della SS. Trinità). Nella attigua villetta, venivano seppelliti i cristiani ad evidente dimostrazione della tolleranza culturale e sociale tra le due culture.
La storia di Geraci si arricchisce di dettagli a partire dal secolo XI, quando è la civiltà normanna ad insidiarsi in Sicilia (1062-64) e a far assumere alla cittadina un ruolo strategico-militare di rilievo primario e diventa uno dei capisaldi della nuova feudalità del “Regnum Siciliae”.
Infatti, conquistata da Ruggero I, viene data in feudo a Serlone (nipote del re) ed elevata al rango di “Contea” nel 1063, a seguito della battaglia di Cerami del 1062.
Inizia per Geraci un lungo periodo di forti tensioni e rapidi cambiamenti politici e governativi, fino all’approdo, nel 1252 d. C. della dinastia dei Conti di Ventimiglia.
In tal anno, Isabella normanna, membro della Casa reale di Federico II Imperatore, sposa Enrico Ventimiglia, figlio di Guglielmo Ventimiglia ligure, giunto in Sicilia dieci anni prima al seguito dell’Imperatore (già marito di Emma la Sveva, familiare della corte imperiale).
Le nozze tra Enrico e Isabella sono propiziate dallo stesso Imperatore per motivi di Stato, poiché le leggi del tempo non consentivano a una donna di essere titolare di Contea. L’inserimento dei Ventimiglia nella famiglia reale fa assumere a questi feudatari un ruolo di primissimo piano in tutte le vicende politiche e militari della Sicilia negli anni e nei secoli successivi (XIII-XVIII).
Dopo la morte di Federico II lo Svevo, avvenuta nel 1250, Enrico e la Contea entrano con maggiore rilievo nel clima degli avvenimenti politici e guerrieri della Sicilia.
In epoca sveva regnando Corrado II, Enrico Ventimiglia si investe di Geraci (1258) ed ottiene Collesano, Petralia Superiore e Inferiore, poi Gratteri e Isnello. In quel periodo Enrico frequenta la Corte Imperiale a Palermo e affina il gusto artistico e l’interesse per la conservazione dei monumenti classici. E’ del 1263 il suo intervento per il Duomo di Cefalù., restaurato a sue spese in onore dei due figli Manfredo e Pirruccio. Pure a lui si devono gli “Osteri” di Cefalù, il “Magno” e il “Piccolo”.
La potenza dei Ventimiglia è tale che Geraci diviene centro della Contea, mentre il suo signore viene nominato “Primo Conte d’Italia per la grazia di Dio e Marchese di Sicilia”, titolo che per gran tempo nessun altro ebbe tra i nobili della Sicilia.
Nel 1266, anche Geraci viene dominato dagli Angioini, che occupano il “Regnum”, dopo la tragica morte di Manfredi a Benevento. La Contea, sotto Carlo D’Angiò, è smembrata e concessa, insieme con Gangi e Castelluccio, a Gaetano de Monfort. (lettere del 1269-70 e memoriali del 1272-1274-1278).
Durante la guerra del Vespro 1282-1302, il Conte di Geraci (prima Alduino e poi Enrico) guida politicamente e militarmente il partito “svevo”-aragonese nella ribellione e nella guerra contro Carlo D’Angiò. Nell’interregno tra la caduta di Carlo D’Angiò e l’incoronazione di Pietro D’Aragona, i siciliani nominano un governo provvisorio e tra gli eletti figura Alduino, Conte di Geraci e d’Ischia. Alduino muore nel 1289 e gli subentra Enrico, il quale partecipa, nel 1299, alla distruzione di Gangi, rea di essersi ribellata a Re Giacomo D’Aragona per fare dispetto al Conte.
Sotto la dinastia aragonese, in tutta la Sicilia i nobili vengono ad avere un’influenza predominante anche nelle città più importanti e i Ventimiglia dominano, tra l’altro, Trapani (come i Palizzi a Messina).
Tale è la gloria e la forza dei Ventimiglia, in tali anni, che la Contea di Geraci, “dalle Madonie al mare”, diviene “uno Stato nello Stato”, giungendo persino ad amministrare la giustizia e a coniare proprie monete. Nel 1430, Alfonso D’Aragona concede ai Ventimiglia il privilegio più apprezzato: “Il diritto di piena giurisdizione penale” nella Contea.
A tale diritto, si aggiunge quello di lasciare in eredità ai suoi successori il medesimo diritto. “Diritto di merum et mistum imperium”.
Nel 1315, il Conte Francesco I Ventimiglia sposa Costanza Chiaramonte Contessa di Modica, poi ripudiata nel 1321 con dispensa papale perché sterile. Nello stesso anno contrae matrimonio con Margherita d’Antiochia dei Conti di Mistretta.
Giovanni Chiaramonte, per vendicarsi dell’affronto subito, aggredisce in territorio palermitano, Francesco Ventimiglia, ferendolo.
Sdegnato il sovrano bandisce Giovanni dal Regno.
Alla morte di Federico avvenuta il 25 giugno 1337, il regno passa a Pietro II D’Aragona, che si attornia di personaggi contrari ai Ventimiglia. (Palizzi, Chiaramonte etc,).
Dal 1338, anno della morte di Francesco I Ventimiglia, al 1354 la Contea di Geraci, dopo un cruento assedio, viene confiscata a Francesco Ventimiglia e data ai Palizzi, essendosi il Conte rivoltato contro il re Pietro D’Aragona, non obbedendo all’invito di recarsi al Parlamento dell’Isola indetto dallo stesso.
Successivamente con privilegio del 20 giugno 1354 di re Ludovico, la Contea viene restituita alla potente famiglia feudale.
Nel 1360 la Contea di Geraci ospita il giovane re di Sicilia, quando morta la Vicaria Eufemia a Cefalù, a Francesco Ventimiglia II viene affidata la cura del Regno e del giovane sovrano Federico, il quale trova diletto nei boschi delle Madonie.
Alla morte di re Ludovico, il regno passa a Re Federico che regna fino al 1377.
Alla sua morte il governo dell’Isola viene affidato a quattro Vicari, uno dei quali è il Conte Francesco Ventimiglia di Geraci e signore delle Madonie. Nel 1388 circa, i signori di Geraci ottengono il riconoscimento pontificio del proprio Vicariato, signoria esclusiva, su una parte del territorio del Regno.
Con la morte di Francesco II avvenuta nel 1391, la Contea di Geraci viene divisa in due parti, affidate al governo dei figli: Enrico e Antonio.
Nel 1392, Enrico II Ventimiglia, uno dei Vicari del regno, non vuole accodarsi alle pretese degli aragonesi con “Martino il maggiore” e, per questo, dopo la presa di Palermo da parte degli spagnoli, la Contea viene confiscata al Ventimiglia, salvo poi essergli restituita nel 1395.
La nostra cittadina assume una altissima considerazione in tutta l’Italia meridionale, quando Giovanni I Conte e Marchese di Geraci, valorosissimo comandante militare, addirittura paragonato a “Cesare” per le numerose battaglie vinte a capo dell’esercito catalano, diviene Vicerè di Napoli e di Sicilia (1422).
Giovanni I trasferisce, poi, la capitale dello “Stato” delle Madonie da Geraci a Castelbuono (1419), presso il Castello Belvedere che un suo avo (Francesco I Ventimiglia) aveva fatto erigere nel 1316, sul colle di Ypsigro.
Nel 1438 la Contea di Geraci diventa Marchesato e nel 1606 il Marchese di Geraci viene nominato Vicerè.
Da quel momento Castelbuono assume le funzioni centrali, sia dal punto di vista amministrativo che militare.
Negli anni successivi Geraci vive una vita politica e amministrativa uguale a quella di tanti altri Paesi dell’entroterra siciliano. Un Paese dedito all’agricoltura e alla pastorizia, attento ai cambiamenti e capace di assolvere con grande tenacia ai compiti che le nuove realtà imponeva ad esso.