Molti degli usi, dei costumi e delle tradizioni di cui era ricco il nostro paese sono andati perduti. Tuttavia sono ancora vivi usi e costumi di un patrimonio immateriale impresso nella cultura di ogni geracese.
Le donne anziane di Geraci, ancora oggi, usano filare la lana con il “fuso” e la “conocchia” per la realizzazione d’indumenti e stuoie. Una curiosa tradizione ancora in uso è la “serenata alla zita”, offerta alla vigilia del matrimonio dal fidanzato alla futura sposa in segno di buon auspicio.
Quello che colpisce ancora sono gli indumenti di lavoro utilizzati da pastori e contadini: “cauzi di peddi” (gambali di pelle di capra), “scarpi di pilu” (scarpe di pelle) e a ‘ncirata” (mantello di tela cruda con cappuccio reso impermeabile con olio di lino).
Nei mesi invernali, per proteggersi dal freddo, molti uomini indossano “u cappularu” (mantello di panno con il cappuccio), e le donne “u sciallu”, anch’esso di panno o di spugna.
Un altro uso è quello della preparazione di “cavadduzzi e palummeddi” (cavallucci e colombe) di caciocavallo modellato dalle mani dei pastori che vengono offerti in occasione della festa in onore del SS.Sacramento denominata “A carvaccata di Vistiamara”.